L’insorgenza aretina del “Viva Maria” influenzò non solo la storia toscana ma anche europea

Il “Viva Maria“, ovvero l’insorgenza aretina del 1799 contro l’occupazione francese sia della nostra città che della Toscana intera, influenzò non solo la storia di Arezzo e della regione, ma anche quella dell’Italia e dell’Europa stessa.

Lo scrive a chiare lettere e lo argomenta Stefano Nocentini in “Il Cavaliere del Viva Maria, Arezzo contro Napoleone“, volume recentemente dato alle stampe per “Luoghi Interiori” presentato questa settimana al pubblico aretino presso l’Auditorium Ducci, durante un apposito e partecipatissimo evento organizzato dalla Società Storica Aretina.

Non solo. Il “Viva Maria” secondo Nocentini fu un evento atipico per il periodo storico e decisamente in anticipo sui tempi. Poiché diede vita a sentimenti e propositi patriottici, che ricomparvero solo molti anni dopo con i moti risorgimentali. Perché i protagonisti dell’insorgenza sperimentarono nuove strategie di combattimento, sconosciute alla tradizione militare settecentesca, che li portarono a incredibili vittorie contro le truppe napoleoniche in tutta la Toscana.

E perché per la prima volta nell’Italia dell’età moderna, appena 10 anni dopo la Rivoluzione Francese, venne attuata una metodologia di gestione del potere a livello locale che molto si avvicina al nostro odierno concetto di democrazia.

Sono conclusioni sullo storico moto molto forti. Per qualcuno probabilmente anche azzardate. Ma come ha detto Franco Cristelli, autore di importanti contributi sul tema che durante la presentazione ha dialogato e “messo alla prova” lo stesso Nocentini, tali conclusioni sono esposte in modo lineare, tanto da far sembrare il libro quasi un romanzo. Inoltre, ed è il dato più rilevante, sono solide. Poiché l’autore non si è accontentato di fonti indirette sul “Viva Maria”. Ha voluto vedere coi suoi occhi e “ripartire da zero” sulla questione, letteralmente, andando a ricercare e approfondire ogni singolo documento esistente, e giungendo pure a scovarne di nuovi, inediti.

Stefano Nocentini, Luca Berti e Franco Cristelli

Quella dell’autore è stata una decisione “eroica” – ha commentato durante l’incontro il Presidente della Società Storica Aretina Luca Bertiche lo ha portato a consultare una massa enorme di documenti, e che gli ha permesso così di farsi un’idea coerente e complessiva di cosa è stata l’insorgenza aretina del 1799“.

Nocentini è riuscito a ricostruire tutto quanto, a partire dall’uomo che dà il titolo al volume stesso, il protagonista “cavaliere del Viva Maria”: Giovanni Brozzi (1765-1831). Figlio dell’allora Gonfaloniere di Arezzo Antonio Brozzi (la più alta carica cittadina), Giovanni è colui che guidò appena 300 uomini alla vittoria su ben 4.000, durante la Battaglia di Rigutino. Ed è colui che, quando il “Viva Maria” aveva ormai preso piede in tutta la Toscana, guidò la così detta “armata aretina”, un esercito di volontari che avevano aderito al movimento da tutta la regione, alla vittoria presso Pontassieve e il passo di San Donato, mettendo definitivamente in fuga i francesi dalla capitale del Gran Ducato: Firenze.

Un’impresa impressionante. E’ avvenuta spontaneamente però? Oppure il “Viva Maria” è stato “organizzato”? Questo è proprio uno dei punti che Nocentini chiarisce nel libro.

L’insorgenza – ha spiegato Stefano Nocentini – in origine non ebbe matrice clericale. Anzi, la chiesa ufficiale ne fu fortemente contraria. Fu solo successivamente che fu adottato il simbolo della Madonna del Conforto”.

“In realtà era un moto legittimista – ha continuato Nocentini – ovvero puntava alla liberazione di Arezzo dall’occupazione francese e alla restaurazione del Gran Ducato di Ferdinando III. Non fu spontanea, ma organizzata a tavolino e ben pensata da un gruppo di cavalieri di Santo Stefano aretini, di cui l’esponente principale era il gonfaloniere di Arezzo,  Antonio Brozzi, padre del protagonista del libro, e che comprendeva persone di importanti famiglie nobili, come gli Albergotti e i Barbolani“.

Ma è solo una delle mille particolarità che emergono in più di 400 pagine di volume, e che non fanno che accendere fascino e stupore. Come la storia di Alessandra Cini, moglie di Lorenzo Mari, un altro grande protagonista aretino del “Viva Maria”, che in contro corrente con gli usi e il pensiero dell’epoca, era donna combattente: in sella al suo cavallo e armata in modo singolare di sciabola, lottava anche lei per la liberazione.

Con tutte queste caratteristiche incredibili tuttavia, perché il moto del “Viva Maria” si spense? Perché dopo la riconquista di Firenze, e quindi della Toscana, agli aretini non fu riconosciuto il giusto merito? E soprattutto, perché per molto tempo dopo, a partire dal Risorgimento, questo evento storico è stato visto e ricordato negativamente? Addirittura quasi come una macchia sulla storia d’Italia?

C’entrano le rivalità fra alcune città toscane. Gli interessi e le dinamiche di potere, che andavano ben oltre le mura di Arezzo. Come si diceva inizialmente infatti, il “Viva Maria” influenzò non solo la storia di Arezzo o della Toscana, ma anche quella d’Europa. Per scoprirlo resta da fare solo una cosa: leggere il libro di Stefano Nocentini.

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