di Stefano Pezzola
Uno studio, pubblicato sul New England Journal of Medicine il 15 giugno, esamina il numero dei contagi legati alla variante Omicron in Qatar che si รจ verificata da dicembre 2021 a febbraio 2022, confrontando i tassi di vaccinazione e l’immunitร tra oltre 100.000 individui infetti e non infetti da Omicron.
Al seguente link รจ possibile visualizzare lo studio integrale:
https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2203965?query=featured_home
Gli autori dello studio hanno scoperto che coloro che hanno contratto l’infezione senza nessuna vaccinazione hanno una immunitร del 46,1 e del 50% contro le due sottovarianti della variante Omicron, anche ad un intervallo di oltre 300 giorni dalla precedente infezione.
Mentre gli individui che hanno ricevuto due dosi del vaccino Pfizer senza aver contratto precedentemente l’infezione, sono risultati con immunitร negativa contro entrambe le sottovarianti BA.1 e BA.2 Omicron, indicando un aumentato rischio di contrarre COVID-19 rispetto a una persona non vaccinata.
Oltre sei mesi dopo aver ricevuto due dosi del farmaco Pfizer, l’immunitร contro qualsiasi infezione da Omicron รจ scesa al -3,4% ovvero negativa.
Dopo due dosi del vaccino Moderna, l’immunitร contro qualsiasi infezione da Omicron รจ addirittura scesa al -10,3%.
Sebbene gli autori abbiano riferito che tre dosi del vaccino Pfizer hanno aumentato l’immunitร a oltre il 50%, questo fatto รจ stato misurato poco piรน di 40 giorni dopo la dose booster, ovvero con un intervallo molto breve.
In confronto, l’immunitร naturale persisteva a circa il 50% se misurata oltre 300 giorni dopo l’infezione.
Queste cifre indicano inequivocabilmente un rischio di diminuzione dell’immunitร dopo la seconda ed anche la terza dose con il passare del tempo.
I risultati sono supportati da un altro precedente studio israeliano con il quale รจ stato scoperto che l’immunitร naturale รจ diminuita piรน lentamente rispetto all’immunitร indotta da vaccino.
“L’immunitร naturale vince di nuovo“, ha scritto su Twitter il dottor Martin Adel Makary, ricercatore di politiche pubbliche presso la Johns Hopkins University, riferendosi allo studio israeliano.
“Tra le persone che erano state precedentemente infettate da SARS-CoV-2, la protezione contro la reinfezione diminuiva all’aumentare del tempo – hanno concluso gli autori – tuttavia, questa protezione era superiore rispetto alla protezione conferita nello stesso intervallo di tempo attraverso due o tre dosi del vaccino“.