Obbligo vaccinale: il Tar lombardo accoglie il ricorso di una veterinaria e interpella il Ministero della Salute

Il Ministero della Salute dovrà fornire documentazione che chiarisca i rischi di trasmissione del virus tra uomo e animale

di Andrea Giustini

Il Tribunale Amministrativo Regionale lombardo è nuovamente intervenuto sul tema dell’obbligo vaccinale per il personale medico sanitario. Con un’ordinanza, pubblicata lo scorso 26 aprile, ha accolto il ricorso di una veterinaria non vaccinata contro l’Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Milano e il Ministero della Salute, ed ha sospeso così l’efficacia dei decreti legge 172 e 44 del 2021 nelle parti che impedivano alla ricorrente di svolgere la propria attività professionale. La veterinaria può quindi tornare a lavorare, ma attenzione: solo per il momento e in certe condizioni.

Fra le premesse più importanti da cui è partito il Tar c’è la ratio dell’obbligo vaccinale, che si spiega con il tentativo di contenere quanto più possibile lo spargersi della pandemia in contesto sanitario. Questo per proteggere la salute dei pazienti. Nel caso però dei veterinari i pazienti non sono umani, bensì animali. Sorge quindi la domanda se i rischi siano i medesimi e dunque se l’obbligo vaccinale sia giustificato. Oltre a ciò il tribunale ha considerato la situazione lavorativa specifica della veterinaria ricorrente, esposta dagli avvocati della Difesa. La persona è iscritta all’Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Milano ma, per specializzazione, esercita la professione solo come nutrizionista animale. Ciò significa che il suo contatto non solo con altre persone, medici o clienti, ma con gli animali stessi, è sporadico, se non del tutto assente. Generalmente avviene per email o telefono, quando il medico di base gli commissiona su richiesta relazioni sull’alimentazione degli animali. Questa sua particolare situazione, hanno sottolineato gli avvocati, gli permetteva di esercitare la professione in condizioni di assoluta sicurezza. L’aveva inoltre portata a ritenere superflua la vaccinazione contro il covid-19: è per questo che aveva deciso di non vaccinarsi.

Rilevando che nel lavoro veterinario in generale non vi sono pazienti umani da proteggere dal virus e, ancor di più, che nel caso specifico le modalità limitavano al minimo i rapporti interpersonali, o comunque le possibilità di contagio, il Tar ha accolto la domanda cautelare della veterinaria. Ha poi disposto che l’Ordine dei Veterinari annoti nell’Albo che la ricorrente è sospesa da quelle attività che invece implicano contatti concreti inter-personali. Nel frattempo ha ritenuto necessario chiedere al Ministero della Salute di fornire documenti puntuali che chiariscano se e quali rischi di trasmissione del virus SARS-CoV-2 esistano fra uomo ad animale. A questo punto infatti, ciò si palesa necessario per valutare nel merito anche la costituzionalità dell’obbligo vaccinale imposto alla categoria specifica dei veterinari. L’Ordine dei Veterinari di Milano ha già fatto sapere che impugnerà l’ordinanza del Tar lombardo. In ogni caso, la vicenda apre più di una riflessione sulla ragionevolezza di un obbligo vaccinale imposto a varie categorie, non solo quella medico sanitaria, in modo generalizzato. Senza alcuna considerazione per mansioni e situazioni che presentano rischi di contagio diversi o nulli.

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