Tenti:“Arezzo ha bisogno di progetti di inclusione per gli emarginati”

“Ma Arezzo è una città sicura?”

La domanda da settimane campeggia sui social, sui manifesti, sui mezzi di informazione per iniziativa dell’associazione Tra Tevere e Arno, da anni impegnata nelle lezioni di educazione civica nelle scuole aretine.

Un confronto continuo con gli studenti dai 16 ai 18 anni che ha evidenziato l’insoddisfazione dei ragazzi (e delle loro famiglie) per una città che negli anni ha visto aumentare il senso dell’insicurezza. Quella vera e quella percepita.

Un patrimonio di informazioni, segnalazioni e proposte, da sintetizzare in un evento e nella diffusione dei risultati nel corso di un convegno che si è tenuto questa mattina nella Sala dei Grandi della Provincia.

Tenti Arezzo
Tenti Arezzo

Il presidente dell’associazione Stefano Tenti ha riassunto con tre capitoli le proposte da lanciare alle istituzioni, da quelle statali a quella comunale.

Primo obiettivo a breve termine la: creazione del Tavolo per l’inclusione di cui il Comune sia promotore e a cui partecipino i datori di lavoro e i sindacati, le Forze di Polizia e le Associazioni che si occupano degli esclusi.

“Con lo scopo – ha detto Tenti – di avviali alla formazione e al lavoro, perche già con le norme di oggi si può. Le aziende hanno bisogno di braccia, gli esclusi possono mettercele per recuperare anche la loro dignità di persone”.

 

La Polizia locale, che ha quasi raggiunto quota cento  agenti, deve essere presente anche di notte, così come la Polizia di Stato e i Carabinieri.

Maggior presenza della Polizia Locale sulla strada, magari anche a piedi. Presenza ad orari prestabiliti nelle frazioni. Maggior ascolto dei cittadini.

Il degrado favorisce l’insicurezza: si deve portare illuminazione nelle zone più critiche, migliorare la raccolta dei rifiuti, coordinare la videosorveglianza.

Ed ancora: “aggiornare il regolamento di Polizia Urbana per indicare le zone dove applicare il Dacur, cioè il “Daspo” urbano. Facilitare la segnalazione alla Questura delle situazioni per le quali applicare provvedimenti di chiusura di esercizi pubblici.

“Sempre a breve termine – ha insistito Tenti – promuovere da parte del Comune, azioni per individuare concreti  servizi sociali in grado di rieducare chi è stato condannato a questa pena dal giudice.

Fare tutto quello che è nelle possibilità del Comune perché chi può, punisca con mano ferma i delinquenti.”

Poi obiettivi a medio termine come rendere veramente operativo il presidio della Polizia Locale in piazza Guido Monaco e istituirlo nel chiosco del Campo di Marte, aperto anche alle altre forze di polizia, soprattutto nelle ore notturne.

Studiare procedure efficaci per il recupero e la messa in sicurezza di immobili abbandonati e censimento di persone senza fissa dimora che li utilizzano.

“Non si fa tutto in un giorno – ricorda infine Tenti – ma nell’arco di qualche anno costruire la nuova Caserma della Polizia Locale in via Tagliamento, nell’area della manutenzione del Comune, vista la pratica impossibilità di procedere con la sede in via Fabio Filzi”.

Infine realizzare biblioteche ed altri locali dove i giovani possano stazionare e trattenersi in sicurezza.

La mattinata era stata aperta dai saluti istituzionali di Vincenzo Ceccarelli per la Regione e da Simon Pietro Palazzo per l’amministrazione Provinciale.

Al provveditore agli studi Lorenzo Pierazzi, è stato chiesto se a scuola si insegna il rispetto delle regole. “Posso dirvi – ha dichiarato – che la risposta è si. Ma non basta farlo a scuola.

Le regole vanno indicate e fatte rispettare anche fuori dalla scuola, nelle famiglie, e nella società. E servono in ogni ambito dei leader che per primi rispettino le regole e le trasformino in patrimonio personale degli studenti”.

Per il comandante della Polizia locale Aldo Poponcini, Arezzo ha compiuto grandi passi in avanti  su questo tema.

Ha ricordato che ci sono 500 telecamere attive, comprese quelle di molte aziende che le hanno messe in rete, e che consentono alle centrali anche di Ps, Cc e GdF di monitorare la situazione. “Ma questo non è sufficiente – ha sottolineato Poponcini – perche ci sono margini importanti di miglioramento”.

Ci si domanda spesso se “le attuali leggi sono sufficienti per garantire la sicurezza? E perché anche soggetti volenti sono rimessi subito in libertà”.

Ha risposto Roberto Rossi, per lungo tempo guida della Procura di Arezzo e attuale Procuratore generale della corte di Appello di Ancona.

“Da anni vediamo promulgare leggi sempre più severe e istituire nuove fattispecie di reato – ha spiegato – ma per la legislazione italiana la pena inflitta si sconta solo con la sentenza definitiva.

Anche con l’arresto in flagrante non si resta in carcere. Al massimo c’è l’obbligo di firma un paio di volte a settimana che è anacronistico e totalmente inutile.

Il delinquente vero non ha paura della pena a sentenza conclusiva, perche poi spesso diventa riparativa con l’assegnazione ai servizi sociali”.

La delinquenza a volte si coltiva (come fosse una serra) anche nelle carceri. “Le leggi dovrebbero distinguere – ha affermato Giuseppe Fanfani, Garante toscano dei detenuti – tra criminali ed emarginati.

Ci vuole durezza con chi ha le mani sporche di sangue e con i colletti bianchi di cui la malavita si serve. Si devono invece aiutare gli altri a rientrare nella società, anche con forti investimenti.”

Fanfani ha illustrato i dati sula popolazione carceraria toscana: ci sono 3.200 detenuti, il 40% stranieri, il 37% tossicodipendenti, il 35% con una grossa componente psichiatrica, e nel solo 2024 si sono registrati 8 suicidi e molti altri sventati.

Collegato da Ercolano, il sindaco Ciro Boajiuto, ha spiegato come l’adesione alla legalità, dapprima degli esercenti stanchi della camorra estorsiva, poi con l’appoggio di una buona politica, ha risanato la città con 500 arresti e 44 ergastoli su 60.000 abitanti, accompagnati da scelte urbanistiche e sociali in aiuto delle popolazioni.

La direttrice della scuola civica, Maria Pia Nannini, davanti agli studenti della quarta C dello Scientifico F. Redi che erano in sala, ha letto uno dei 250 messaggi raccolti in due settimane tra gli aretini in vista del convegno.

Un testo che ha saputo spiegare in poche righe quali sono i sentimenti di sofferenza dei cittadini di fronte al degrado e alla insicurezza, scritto da una giovane imprenditrice e madre di famiglia:

Amo profondamente la mia città, ma negli ultimi anni l’ho vista cambiare, spero non irrimediabilmente, in peggio. Abito a Saione da sempre.

Da pochissimo ho deciso di aprirvi anche la mia attività, ma credetemi, che a volte penso di aver compiuto un vero atto di coraggio per più ragioni: furti e scippi sono all’ordine del giorno perlopiù da parte di tossici allo scopo di rimediare i soldi che gli servono a drogarsi.

Passeggiando per strada si possono vedere tranquillamente scambi illeciti di dosi come se nulla fosse. In tutti gli angoli c’è gente che urina e defeca a cielo aperto, senza alcun ritegno.

Vorrei segnalare la presenza in strada di soggetti già noti alle forze dell’ordine che dalla mattina alla sera bevono incessantemente alcolici e spesso danno in escandescenze picchiando passanti incolpevoli.

Per cui alla domanda “Arezzo è una città sicura?” Io devo, a malincuore, rispondere di no. Perlomeno io non mi sento al sicuro.

In quanto imprenditrice e cittadina mi sento vessata da tasse e normative che percepisco debbano essere rispettate solo da chi ha la possibilità di pagarle, cioè da chi fa di tutto per vivere nella legalità e nel senso civico.

I delinquenti invece viaggiano indisturbati e bivaccano tranquillamente senza paura e senza regole. Vorrei che le cose cambiassero radicalmente, che le forze dell’ordine avessero la possibilità di far davvero rispettare le regole a tutti, e che chi delinque fosse punito equamente.

Dovrebbero esserci strutture idonee agli infermi mentali per poter garantire la loro e l’altrui sicurezza. Non so se questo mio messaggio avrà risonanza ma la speranza di tornare a vivere l’Arezzo di una volta, è l’ultima a morire. Grazie”.

Sferzanti, dirette e senza mediazioni, le parole di Antonella Giorgeschi, del comitato di Piazza della Badia: “Noi cittadini che denunciamo l’indegno spettacolo delle serate della movida, siano considerati intolleranti, esagerati, disturbatori dei lavoratori.

Ma se nessuno farà nulla per cambiare lo spettacolo indecoroso dei fine settimana (e in estate di tutti i giorni) non ci arrenderemo e andremo avanti per vedere garantiti i nostri diritti di cittadini.

Musica fino alle 3-4 di notte, ragazzi ubriachi che diventano incontrollabili, parcheggio selvaggio, e quando chiami chi dovrebbe intervenire al massimo arriva una pattuglia con due soli agenti che spesso si prendono insulti, sputi, spintoni o bottigliate in testa.

La mattina dopo tocca a noi ripulire, raccogliere vetri rotti, rimettere al loro posto i parapedonali che vengono smontati ad uno ad uno”.

Fabrizio Ghironi, che da un quarto di secolo ha stabilito la sua attività lavorativa nel centro di Saione, ha ringraziato l’associazione Tra Tevere e Arno, per aver proposto e realizzato uno modo diverso di affrontare il tema sicurezza, ascoltando per primi i cittadini e proponendo soluzioni credibili.

Poi, senza nascondere i problemi seri che ci sono nel quartiere dicendosi d’accordo con la giovane imprenditrice di cui è stato letto il messaggio, ha detto che la politica deve saper sviluppare la ricchezza che Saione:

nel quartiere piu popoloso e più “straniero” di Arezzo, si è sviluppata una inclusione forte tra chi arriva da Paesi lontani e abitanti storici del quartiere.

 

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