Donne fragili e soldi: rapporto labile. Spesso inesistente, con una forte presenza delle prime e un’eccezionale scarsità dei secondi.
Nell’aula 1 della facoltà aretina dell’università di Siena sono stati presentati i risultati del progetto europeo per superare il divario di genere nella gestione del denaro.
Studi, analisi e proposte ma anche storie come quella della pensionata Gabriella Salvietti, ex operaia Lebole: “la mia pensione è di 1.060 euro.
Questo vuol dire che non posso mettere da parte nulla e che nel caso di spese straordinarie, come ad esempio i conguagli delle bollette, deve raschiare il fondo dei pochi risparmi che mi sono rimasti.
E posso arrivare alla fine del mese solo perché ho la casa e non pago l’affitto e non ho nemmeno la macchina.
Non è poi vero che invecchiando si risparmia. Le spese per la salute aumentano e se non possiamo aspettare mesi per le visite in ospedale, bisogna ricorrere all’intramurale o al privato: e i soldi vanno via. Quando non ci sono più, si rinuncia alle cure”.
Un’altra esperienza è stata indirettamente raccontata dalla Presidente di Pronto Donna, Ursula Armstrong:
“la violenza economica è stata finalmente riconosciuta come reato a se stante. I casi possibili sono molti:
il maltrattante ha il controllo dell’economia familiare, decide solo lui gli acquisti, gestisce il reddito della donna che spesso non ha un proprio conto corrente ed è obbligata a condividere i debiti fatti dal compagno, spesso non è libera di decidere se lavorare o meno.
Per ironia, il suo Isee può essere apparentemente alto perché è connesso al reddito del marito ma lei non può disporre nemmeno di un euro”.
Una risposta positiva a questi problemi è stata illustrata da Mirko Romoli di Banca Tema del sistema delle banche di credito cooperativo:
“abbiamo un progetto per l’indipendenza economica delle donne che rappresentano oltre il 40% della nostra clientela.
L’obiettivo è che ogni donna abbia un suo proprio conto corrente:
‘Una donna, un lavoro, un conto’. Sosteniamo “Donne al Primo Piano”, un progetto di cohousing femminile destinato a donne vittime di violenza di genere e ai loro figli”.
Dalle singole esperienze al progetto generale illustrato nell’aula 1 del Pionta a oltre 150 studentesse che frequentano il corso di studio del professor Claudio Melacarne.
“Il progetto progetto europeo Gender Balance in Financial Education (GBFE), finanziato da Erasmus+ e coordinato dalla Fondazione Arezzo Innovazione – ha ricordato Erina Guraziu, Presidente di OpenCom – è stato un percorso transnazionale di empowerment femminile realizzato insieme a un consorzio composto da OpenCom (Italia), Markeut Skills (Spagna), ARISE – Austrian Centre for Inclusion, Research and Sustainable Development (Austria) ed Euro Education Bulgaria (Bulgaria).
Nel corso dei due anni di attività, GBFE ha analizzato conoscenze, comportamenti e attitudini di 165 donne in 4 Paesi europei, fornendo raccomandazioni utili per politiche e programmi formativi inclusivi”.
Un progetto che ha creato formatori in grado di sostenere donne svantaggiate: con basso reddito o disoccupate, immigrate con difficoltà linguistiche, single, con bassa scolarizzazione, vittime di violenza, con limitata alfabetizzazione, residenti in zone rurali.
La formazione si è sviluppata su una serie di temi: gestione del budget familiare, alfabetizzazione digitale, costruzione del risparmio, protezione assicurativa, credito.
“Questo approccio, innovativo e basato sull’esperienza – ha sottolineato Guraziu – consente di trasformare l’apprendimento in cambiamento concreto, rafforzando competenze, fiducia e capacità di pianificazione a lungo termine”.
Nel corso dell’incontro con le studentesse, sia il professor Claudio Melacarne, docente di pedagogia generale e sociale sia Marco Morbidelli, Presidente della Fondazione Arezzo Innovazione hanno evidenziato la validità della collaborazione tra l’università e i soggetti istituzionali del territorio.