Denunciati due sanitari per esercizio abusivo della professione medica

Le indagini condotte dalla Polizia di Stato, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Arezzo, hanno permesso di accertare lo svolgimento di attività sanitarie abusive all’interno di uno studio medico del centro di Arezzo, dove venivano praticati interventi di trapianto al cuoio capelluto in assenza di personale abilitato e delle prescritte autorizzazioni previste dalla legge.

In particolare, l’attività investigativa prendeva avvio dalla segnalazione di una donna che, dopo essersi sottoposta ad un trattamento di trapianto al cuoio capelluto, era stata trasportata in stato di incoscienza e in grave pericolo di vita presso l’Ospedale S. Donato di Arezzo ed aveva poi riportato gravi complicazioni a seguito di una diffusa infezione sorta al momento dell’anestesia somministrata nel corso dell’intervento.

Dopo vari tentativi di rianimazione la donna veniva stabilizzata e manifestava agli operatori del Posto di Polizia la volontà di presentare denuncia per quanto accaduto.

Il personale della Squadra Mobile, su disposizione del P.M., acquisiva quindi la cartella clinica della donna ed escuteva diverse persone informate sui fatti, oltre ad effettuare ulteriori acquisizioni documentali volte a chiarire l’esistenza della clinica non autorizzata e chi avesse materialmente eseguito l’intervento al cuoio capelluto.

Gli investigatori riuscivano quindi a ricostruire l’intera vicenda e le modalità con cui venivano effettuati i trattamenti chirurgici non autorizzati presso lo studio medico in questione, nonché ad individuare ed identificare i soggetti coinvolti.

Dalle sommarie informazioni assunte e dalle acquisizioni documentali effettuate è emerso, infatti, che le prestazioni sanitarie di trapianto dei capelli venivano pubblicizzate, anche tramite canali social, come semplici interventi estetici di rinfoltimento del cuoio capelluto, ma di fatto, consistevano in vere e proprie operazioni di microchirurgia, eseguite con strumenti medici e anestetici locali, da un’operatrice priva dei titoli e delle competenze necessarie, ma soprattutto senza l’assistenza di un professionista sanitario qualificato.

Le persone ascoltate dalla Squadra Mobile hanno riferito, infatti, di essere state convinte a sottoporsi a tali procedure chirurgiche sulla base di garanzie fornite circa la sicurezza dei suddetti trattamenti e la loro natura meramente estetica, oltre all’indicazione, rivelatasi poi non veritiera, di avere a che fare con un medico abilitato e provvisto di tutti i titoli prescritti dalla legge.

Nello specifico, infatti, l’indagata, una donna 40enne di origini sudamericane, che svolgeva materialmente gli interventi chirurgici non autorizzati presso lo studio medico oggetto d’indagine, era in possesso di una laurea in medicina conseguita all’estero, ma non riconosciuta in Italia e doveva per questo necessariamente trovare appoggio presso uno studio medico abilitato, all’interno del quale, con la piena consapevolezza del medico titolare possedeva una stanza a suo uso esclusivo dove effettuava, per l’appunto, le visite e gli interventi chirurgici finalizzati al trapianto di capelli, senza alcuna autorizzazione e senza i titoli richiesti, pretendendo pagamenti in contanti da 1400/1500 euro.

All’esterno dello studio medico oggetto d’indagine era addirittura apposta, così come documentato dagli operatori della Squadra Mobile, l’insegna della società riconducibile all’indagata e sponsorizzata sui social network dalla stessa, insegna poi prontamente rimossa dopo gli eventi che hanno portato in fin di vita la paziente dalla cui denuncia hanno preso avvio le indagini.

Dopo l’intervento che è costato quasi la vita alla paziente in questione, gli investigatori della Squadra Mobile di Arezzo, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica, hanno, infine, deciso di effettuare un controllo presso lo studio medico oggetto d’indagine, accertando la presenza di postazioni e materiali riconducibili agli interventi chirurgici non autorizzati, nonché di documentazione pubblicitaria che promuoveva il servizio offerto dall’indagata.

Gli accertamenti successivi hanno anche appurato come gli interventi non autorizzati avvenissero con la piena consapevolezza del medico titolare dello studio, ben conscio della circostanza che l’indagata, pur priva di un titolo riconosciuto in Italia e non iscritta all’Ordine dei Medici operasse liberamente i pazienti in piena autonomia esponendoli così a forti rischi e cagionando, nel corso dell’ultimo intervento effettuato, lesioni gravissime.

Gli elementi di prova raccolti hanno dunque consentito di delineare un quadro complessivo che ha portato alla denuncia dei due soggetti indagati, in concorso, per esercizio abusivo della professione medica e lesioni personali colpose gravissime.

Nei confronti degli indagati è stato notificato alcuni giorni fa, dalla Squadra Mobile, su disposizione della Procura della Repubblica di Arezzo, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Ai sensi del D.Lgs. 188/2021 si precisa che nei confronti degli indagati, in considerazione dell’attuale fase del procedimento, sussiste la presunzione di innocenza, fino ad un definitivo accertamento di colpevolezza con sentenza divenuta irrevocabile.

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