Studio sui vaccini anti-Covid, ridimensiona efficacia sotto i 60 anni

Il noto chirurgo interviene sui social e commenta lo studio pubblicato da John P. A. Ioannidis su JAMA, ridimensionando le cifre iniziali sulle vite salvate

Roy De Vita, noto chirurgo plastico italiano, è intervenuto sui propri canali social per commentare uno studio recentemente pubblicato su JAMA, una delle riviste scientifiche internazionali più prestigiose, in merito al numero di vite salvate dal vaccino anti Covid.

Secondo quanto riferito da De Vita, lo studio – sottoposto a revisione tra pari (peer review) – è stato firmato da John P. A. Ioannidis, professore di epidemiologia, statistica e scienza dei dati biomedici alla Stanford University. «I grandi sostenitori del vaccino hanno sempre citato il dato di 20 milioni di vite salvate, ma quel numero, oggi, si dimostra privo di fondamento scientifico solido», ha dichiarato il chirurgo.

Il nuovo studio, infatti, secondo De Vita, ridimensiona la stima a 2,5 milioni di vite salvate nel mondo. «Anche se non sono 20 milioni, 2 milioni e mezzo sono comunque un numero ragguardevole», ha sottolineato, per poi evidenziare come il 90% dei decessi evitati riguardi la fascia di popolazione over 60.

Le percentuali di efficacia per i più giovani, ha continuato De Vita citando lo studio, sono invece molto basse: «solo lo 0,01% nella fascia 0-19 anni e lo 0,07% in quella tra i 20 e i 29 anni». Da qui, il chirurgo pone una riflessione critica: «Se una fascia di popolazione dove il rischio vaccinale era alto e il beneficio praticamente nullo è stata sottoposta a obbligo vaccinale, quel numero assume una valenza completamente diversa».

Secondo De Vita, il principio guida nella somministrazione di ogni farmaco deve essere il rapporto rischio-beneficio, che deve pendere sempre «a vantaggio del beneficio».

Anticipando le critiche più comuni, ha aggiunto: «Ok, tutto vero, ma allora non si poteva sapere? In fase emergenziale l’obbligo era giustificato? No. Il dubbio – ha affermato – era sorto fin dall’inizio».

In particolare, De Vita dichiara di aver sempre posto tre domande fondamentali: «Perché l’obbligo vaccinale per i guariti? Perché per le donne in gravidanza? E perché per bambini, ragazzi e giovani adulti?».

«L’amarezza – ha concluso – è che non serviva nemmeno lo studio di Ioannidis per comprenderlo».

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