In occasione della Giornata Internazionale degli Oceani, 8 giugno, il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani richiama l’attenzione della comunità scolastica e del mondo educativo sul legame sempre più urgente e vitale tra diritti umani e salute degli ecosistemi marini.
L’oceano è il più grande regolatore climatico del pianeta, fonte di ossigeno, risorsa alimentare primaria, bacino di biodiversità e regolatore termico globale.
La sua salvaguardia non può più essere considerata una semplice opzione ambientale, ma un imperativo etico e sociale che coinvolge direttamente il futuro dell’umanità.
Numerosi studi scientifici pubblicati negli ultimi anni hanno fornito un quadro allarmante ma indispensabile per comprendere la portata della crisi oceanica.
Il report annuale dello State of the Climate in 2024, pubblicato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), ha evidenziato che gli oceani hanno raggiunto nuovi record in termini di contenuto termico, superando per il quarto anno consecutivo i livelli precedenti.
Parallelamente, i lavori del Copernicus Marine Environment Monitoring Service e del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) confermano che, a partire dal 2023, le ondate di calore marino si sono intensificate e rese più frequenti, investendo in modo persistente interi bacini come l’Atlantico settentrionale e il Mediterraneo orientale.
Le analisi pubblicate su riviste peer-reviewed come Nature Climate Change, Science e Frontiers in Marine Science confermano che la resilienza biologica delle barriere coralline si è drasticamente ridotta:
nel periodo 2023–2025 si è assistito al peggior evento globale di sbiancamento corallino mai registrato, con effetti su oltre l’80% dei reef tropicali monitorati.
Il Global Ocean Oxygen Network (GO2NE), promosso dall’UNESCO, ha inoltre lanciato un allarme specifico sull’ipossia marina, ovvero la riduzione dei livelli di ossigeno disciolto negli oceani, con effetti potenzialmente devastanti su molte specie pelagiche.
Le alterazioni delle correnti oceaniche, analizzate nell’ambito del Sixth Assessment Report dell’IPCC, suggeriscono che lo stato di stratificazione termica delle acque profonde compromette la capacità dell’oceano di assorbire calore e CO₂, riducendo così la sua funzione di “cuscinetto” climatico.
Tutto ciò avviene in un contesto aggravato dalla sovrappesca, dall’inquinamento da plastiche e microplastiche, dall’acidificazione crescente dei mari e dalla perdita progressiva di biodiversità.
Queste evidenze non sono solo dati scientifici. Sono segnali chiari e urgenti di una crisi che interseca dimensioni ecologiche, sociali, economiche e culturali.
I diritti fondamentali – alla salute, al cibo, all’abitazione, al lavoro, alla sicurezza – non sono più garantibili in assenza di un ambiente marino sano e produttivo.
E in tale quadro, il ruolo dell’educazione si configura come decisivo:
è nella scuola che si costruisce la coscienza ecologica del futuro, è nella didattica dei diritti che si impara il senso della responsabilità intergenerazionale.
Si invitano pertanto le istituzioni scolastiche ad affrontare il tema della crisi oceanica con rigore scientifico e profondità etica, promuovendo percorsi interdisciplinari che uniscano la biologia, la geografia, il diritto internazionale, l’etica ambientale e l’educazione civica.
Occorre far comprendere agli studenti che l’oceano non è un’entità lontana, ma una parte essenziale della loro stessa vita, dei loro diritti e del loro futuro.
Desideriamo concludere con le parole dello scienziato oceanografo Sylvia Earle, pioniera nella difesa del mare, che ha affermato:
“Con ogni goccia che si riscalda, l’oceano perde la memoria del clima passato e si avvicina a un punto di non ritorno. Ma c’è ancora una finestra per salvare ciò che resta: la nostra responsabilità è oggi.”
Che questa giornata non sia una semplice ricorrenza, ma l’inizio di una mobilitazione educativa e culturale profonda.