Durante l’ultima seduta del Consiglio Comunale, la maggioranza di destra ha respinto l’atto d’indirizzo promosso dal consigliere Francesco Romizi (Arezzo 2020), firmato anche da Donato Caporali (PD) e Michele Menchetti (M5S), che chiedeva l’introduzione del salario minimo comunale e l’apertura di un tavolo con sindacati e associazioni datoriali per garantire condizioni di lavoro più eque in tutti gli appalti pubblici.
Una proposta concreta e ispirata a quanto già messo in atto da altri Comuni italiani – come Firenze – con l’obiettivo di promuovere dignità, giustizia sociale e rispetto dell’articolo 36 della Costituzione, che sancisce il diritto a una retribuzione “proporzionata alla quantità e qualità del lavoro” e “sufficiente ad assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.
“La bocciatura da parte della destra è una scelta miope – commenta Romizi – e dimostra una totale indifferenza verso le difficoltà crescenti che tanti lavoratori e lavoratrici aretini vivono quotidianamente, soprattutto nei settori più fragili.
La nostra proposta era equilibrata, realistica e pienamente in linea con le indicazioni europee e con i recenti pronunciamenti della Corte di Cassazione sul salario minimo costituzionale”.
Il testo prevedeva l’attivazione di clausole premiali negli appalti pubblici per le aziende che garantiscono migliori condizioni economiche e contrattuali ai lavoratori, promuovendo anche la contrattazione di secondo livello.
“Il Comune di Arezzo – conclude Romizi – ha perso un’occasione per essere al passo con le città che scelgono di tutelare chi lavora, soprattutto in un momento storico in cui i salari reali sono in forte calo e la povertà lavorativa è in aumento.
Continueremo comunque a batterci su questo fronte, dentro e fuori le istituzioni”.